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Marco Telli, bancario, icona semiseria dell’uomo postmoderno, disegna su di sé attraverso l’immagine del cinico narcisista, l’impronta di una personalità capace di adattarsi con intelligenza alla vita. Lo fa attraverso la narrazione delle sue gesta erotiche, da cui ogni sentimento é, per norma a sé stesso, bandito. Lo fa attraverso il discorrere e il disquisire ogni cosa. Lo fa come tentativo di dare equilibrio ad un mondo interiore che di fatto gli é completamente estraneo e con il quale non sa entrare in contatto.
Confonde la noia con la mancanza d’amore, la rabbia atavica con la critica estenuante.
Assenza di scrupoli, cinismo e indifferenza sono le armi con le quali difende sé stesso e che usa per dissociarsi.
Tesse relazioni multiple passando da un letto all’altro, pontifica passando da un argomento all’altro, incapace di comprendere i suoi impulsi emotivi, prigioniero di una tela che egli stesso costruisce e dalla quale non sa svincolarsi se non con quella dose di autoironia che alla fine sa farci, forse anche un po’ amaramente, sorridere.

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